martedì 29 dicembre 2015

Polpette di magro, al limone e prezzemolo


polpette di magro

L'altro giorno ho ricevuto una sorpresa sul cellulare, un brevissimo video fatto tanti, tantissimi anni fa da mio fratello, quando ancora andavano le giacche con le spalle larghe, i capelli scalati e le gonne lunghe ben oltre il ginocchio. In quel video c'era una bambina nuova di zecca che gironzolava con occhi scuri come bottoni e parlava come un cartone animato proprio come adesso che ne ha 28, c'erano delle zie giovanissime innamorate di lei, vestite con camicie  a fiori improponibili, c'era uno zio 'sbarbino' che è la fotocopia di suo figlio che oggi ne ha 18 di anni e sogna di diventare James Dean, e la solita nonna, morbida e pacioccona, che fa avanti e indietro tra cucina e sala, proprio come adesso, solo con i capelli più scuri. 

Ma soprattutto c'era un nonno. 

Era tanto che non sentivo la sua voce, che non lo vedevo muoversi e sorridere come faceva sempre, con gli occhiali appoggiati sulla punta del naso, la camicia bianca e le bretelle scure che gli tiravano su i pantaloni. Non mi ha fatto tristezza, anzi, è come se non fosse passato che un attimo da quel pomeriggio mentre, seduto accanto al camino, cuoce le castagne per noi, in un giorno di festa. Praticamente, tutti i giorni.
***

Oggi vi propongo una ricetta che credo potrà essere utile per recuperare un po' di avanzi dei tanti pranzi e cenoni di queste feste. La degna fine del mio straordinario bollito di Natale non poteva che essere questa: polpette fritte, anche se potete cuocerle tranquillamente in forno. 
Le dosi cambiano in base agli avanzi che avete a disposizione e naturalmente in base alla sostanza degli avanzi . Ben vengano quindi polpette di patate e verdure, patate e pesce, lenticchie e riso, etc.. E se un attimo prima, il contenuto di quel barattolo, con i resti di quel che fu della cena succulenta del giorno prima, vi metteva un po' di tristezza chiuso com'era dentro il frigorifero, state certi che una volta trasformato in polpette, tutto vi apparirà di nuovo solare! Non c'è uomo che possa resistere di fronte ad una polpetta. 

Pensateci, se al posto dei proiettili sparassero polpette, il mondo sarebbe un'altra cosa.

***

Pace nei cuori, misericordia, perdono e accoglienza. Solo questo.

Buon 2016!

Polpette di magro con papate e limone

Ingredienti:
500 g circa di avanzi di bollito misto ( nel mio caso: manzo, lingua, testina, coda, gallina )
3 o 4 patate lessate con la buccia e schiacciate
1 uovo
1 limone non trattato, la scorza
un bel mazzetto di prezzemolo
sale e pepe
pangrattato
olio per la frittura

Polpette di magro con papate e limone

Mio papà quando preparava queste polpette utilizzava il tritacarne a manovella per tritare la carne, ma se non lo avete potete tranquillamente tritare i vostri avanzi di carne con il macinino elettrico, come ho fatto io. Raccogliete gli avanzi di carne tritata in una terrina abbastanza capiente. Lavate e asciugate il prezzemolo, sfogliatelo e tritate le foglie con uno spicchietto d'aglio a cui avrete eliminato l'eventuale anima verde. Lessate le patate con la buccia in acqua salata e poi schiacciatele. Unite la purea di patate alla carne macinata, aggiungetevi anche il prezzemolo tritato e la scorza di limone grattugiata. Assaggiate e se necessario aggiungete una presa di sale e una bella macinata di pepe nero. Aggiungete anche l'uovo ed amalgamate il tutto. L'impasto dovrà rimanere piuttosto compatto anche dopo l'aggiunta dell'uovo.
Mettete del pangrattato in un piatto e, con le mani inumidite, formate delle palline di impasto, grosse quanto una nocella, fatele rotolare nel pangrattato in modo che se ne ricoprano completamente e tenetele da parte.
Nel frattempo scaldate l'olio in una padella o casseruola dai bordi alti (io utilizzo sempre il wok). L'olio, infatti, dovrà essere abbondante in modo che le polpette galleggino, dorandosi in pochi secondi, rimanendo belle asciutte e fragranti. Friggetene sempre poche alla volta in modo che la temperatura dell'olio non si abbassi troppo, fatele roteare mentre galleggiano e sfrigolano e poi scolatele con una schiumarola mettendole ad asciugare su carta assorbente. Saranno pronte davvero in pochi secondi il tempo che si dorino bene.
Servitele con una buona maionese fatta in casa, la ricetta la trovate qui.

Polpette di magro con papate e limone


Pippi

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martedì 22 dicembre 2015

Cipolline in agrodolce con chiodi di garofano e pepe nero - Sweet and sour onions with cloves and black pepper



sweet anda sour onions

Ci siamo quasi. 
Natale è veramente dietro l'angolo. Questi ultimi mesi sono stati così impegnativi, incredibili e pieni di soddisfazioni che son volati via in un batter di ciglio. 
Sono qui, seduta alla scrivania, con un occhio guardo fuori la betulla spoglia e le nuvole grigie che si addensano sopra la mia testa anticipando l'imbrunire. In lontananza si cominciano a scorgere le lucine che con giochi di colore ad intermittenza, abbelliscono i contorni dei balconi, si attorcigliano ai rami degli alberi e rendono più vivaci i giardini. Di tanto in tanto da qualche parte spunta della carta lucida blu a stelline, appesa al muro, a posticcio, con nastro adesivo. 
Mille cieli stellati per bambini con occhi puri e sognanti che aspettano un Gesù Bambino che esaudisca i loro desideri e per adulti un po' meno sognanti ma che cercano la forza e il coraggio di credere che un mondo migliore sia ancora possibile, malgrado tutto.
Per quanto mi riguarda non ho grandi programmi per le mie feste natalizie se non quello di stringermi alla mia grande famiglia. A mia madre che quando esprime un desiderio, dentro, tra le altre cose, c'è sempre una visita all'Ikea con tutto quello che comporta, e voi non avete idea di cosa comporta; ai miei nipoti, il mio più grande orgoglio, a cui ho affidato il compito di essere felici e di allargare presto questa famiglia perché c'è ancora dello spazio da riempire. A mio marito che alla fine si è rassegnato a vivermi per quello che sono, una casinista male organizzata, ma si sa gli artisti, e che mi sostiene in ogni mia scelta, dandomi anche quella sicurezza in me stessa che a volte vacilla. Per ultimo, ma non certo per importanza, mi stringo a Leopoldino, vita mia, che mi fa provare la sensazione di essere come una specie di mamma, mi stringo a lui che vive in simbiosi con i miei baci, per forza o per amore non saprei, e che ogni mattina, per salutarmi, fa pipì sul ramo più basso (ovvio) del mio alberello di Natale. Fai pure amore mio, poi ci pulisco.
Buon Natale!

***
Ed ora la ricetta. Preparo da sempre queste cipolline come accompagnamento del bollito o del brasato per il pranzo di Natale. Ci vogliono delle cipolline dal gusto delicato come quelle borettane che prendono il nome, appunto, da Boretto una località in provincia di Reggio Emilia dove si coltivavano queste cipolle fin dal 1400. La parte più noiosa della ricetta è senza dubbio quella di pelare le cipolle, queste in particolare essendo così piccine ma, con nostra fortuna, adesso nei supermercati ben riforniti, si trovano pulite e pelate. Quindi niente scuse.

sweet and sour onions

Ingredienti :

1500 g di cipolline borettane pulite
90 g di burro
90 g di zucchero (potete usare anche zucchero di canna o miele)
100 ml di aceto balsamico
4 foglie di alloro
5 chiodi di garofano
qualche granello di pepe nero
una presa di sale

sweet and sour onions

In una casseruola ampia, in modo che le cipolline rimangano in un unico strato, fate fondere il burro con lo zucchero. Mescolate e cuocete per circa 5 minuti in modo da far sciogliere completamente lo zucchero. Sfumate con l'aceto balsamico e fate sobbollire qualche minuto fino  quando l'odore forte di aceto non sarà quasi del tutto evaporato. Aggiungete le cipolline, le foglie di alloro, i chiodi di garofano e i granelli di pepe. Mescolate bene e lasciate insaporire un paio di minuti. 
Coprite con un coperchio e cuocete per una decina di minuti. Poi scoprite, regolate di sale e continuate la cottura per altri 30 minuti.
Servite le cipolline con arrosti, brasati o bolliti. 

Buon Natale a tutti voi, miei carissimi lettori!

***
English version.
Sweet and Sour small onions, with cloves and black pepper
Ingredients:
1500 g of small onions, peeled
90 g of butter
90 g of sugar
100 ml of balsamic vinegar
4 bay leaves
5 cloves
some black peppercorns
a pinch of salt
Directions:
In a large pan, let melt the butter with granulated sugar (you can use also brown sugar or honey) and cook it for about 5 minutes. Pour in the balsamic vinegar and let it to evaporate by simmering for some minutes. Add the small onions, the bay leaves, the cloves and the black peppercorns, stir well to flavor. Close with a lid and cook for 10 minutes, than season with salt and slolwy cook (without lid now) for  others 30 minutes.
In Italy, generally, we serve this 'agrodolce' onions with braised, boiled or roasted meat and Christmas time is perfect !
Happy Christmas everybody and to you, my dear friend, Dolphia Nandi Arnstein! :-)

sweet and sour onions

Pippi


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lunedì 21 dicembre 2015

Vellutata di cavolfiore con pepe e semi di senape


vellutata di cavolfiore

Alcuni di voi ormai sapranno che, in fondo al mio giardino, esiste un piccolo orto, stretto e lungo, rigoglioso e variopinto l'estate, più casto e quasi morigerato durante il lungo inverno.  I finocchi dalle foglie vaporose e le bietole da taglio, sono l'unica nota di frivolezza in un mare di cavolacee. 
Lumache e lombrichi, lì, vivono felici e quasi indisturbati.

Per la ricetta di oggi ho scelto un cavolfiore bianco, il più grande che c'era. Ho piegato le foglie esterne che con un suono croccante si sono staccate di netto, ho tagliato e immerso le cimette in acqua fredda per qualche minuto in modo che i lombrichi capissero che era il momento di andarsene, mentre radunavo gli altri ingredienti per farne una zuppa. 

tabouleh di cavolfiore-3129  

Ci sono poche cose nella vita così confortanti e rilassanti quanto quella di prepararsi una buona zuppa di verdure. 
Se ci pensate, persino nella gestualità che la fa nascere, c'è un qualcosa di magnetico e rituale: pelare, raschiare, lavare, sciacquare e risciacquare, e poi  ancora affettare, tritare, sminuzzare, sono gesti antichi attraverso cui i pensieri prendono una nuova forma.
Pensate al  movimento e al suono del coltello o della mezzaluna sul tagliere, agli odori che si sprigionano mentre lasciate che il porro sfrigoli lentamente nell'olio caldo in attesa di accogliere il resto degli ingredienti. Tutto ad un tratto, ciò che vi corrucciava tanto, è come se si dissolvesse tra le dita e non potrete fare a meno di concentrarvi  sul quel momento esatto della vostra vita, proprio mentre tritate, affettate, mescolate,  annusate e assaggiate, perché la vostra priorità adesso è semplicemente quella di capire se, quei piccoli semi di senape che avete aggiunto alla zuppa, non si comportino con supponenza, a causa del loro aroma intenso e piuttosto piccante, coprendo l'equilibrio di una mescolanza prodigiosa. 

Non mi resta che lasciarvi la ricetta e darvi appuntamento per scambiarci gli auguri di Natale!

vellutata di cavolfiore

Ingredienti per 4 porzioni:
1 cavolfiore bianco
2 patate
1 porro
600 ml di brodo vegetale
200 ml di latte scremato
4 cucchiai di panna fresca
semi di senape
olio extravergine d'oliva
sale e pepe


vellutata di cavolfiore

Eliminate le foglie verdi al cavolfiore e dividetelo in cimette. Pulite il porro eliminando la parte radicale e le foglie esterne, lavatelo bene e affettatelo. Pelate le patate e tagliatele a dadini.
In una casseruola fate scaldare un paio di cucchiai di olio, aggiungete il porro e fatelo rosolare per 5 minuti. Aggiungete le cimette di cavolfiore (tenetene qualcuna da parte), le patate e un cucchiaio di semi di senape. Unite il brodo, il latte, salate e portate a bollore. Abbassate la fiamma, coprite e fate sobbollire per circa  30 minuti. 
A fine cottura frullate la zuppa fino ad ottenere un composto cremoso e morbido. Regolate di sale e profumate con pepe nero macinato. Se la crema dovesse risultare troppo densa, aggiungete poco brodo.

Per decorare il piatto: 
tenete da parte delle cimette di cavolfiore, affettatele e abbrustolitele su una piastra o una padella antiaderente leggermente oliata. 

Suddividete la vellutata in quattro ciotole, aggiungete un cucchiaio di panna su ciascuna e decorate con le fettine di cavolfiore, una macinata di pepe nero e qualche granello di semi di senape. 


vellutata di cavolfiore

Pippi


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lunedì 14 dicembre 2015

Cappelletti in brodo, di casa mia


cappelletti in brodo

Questa è una di quelle ricette, della nostra ricca tradizione culinaria, che, secondo me, risulta impossibile codificare del tutto, visto che poi, ogni famiglia, vi apporta piccole o grandi modifiche, ispirate da chissà quale avvenimento o circostanza. 
Per cui, lungi da me dall'esser la custode della verità, vi racconterò semplicemente il modo in cui, da tempo immemore, questi cappelletti si fanno  in casa "Adani". 
La ricetta originale, almeno per quello che posso ricostruire, è di nonna Maria, una donnina così piccina e delicata che non avresti mai immaginato avesse potuto dare alla luce quello stuolo di bambini in appena 3 manciate di anni. Per mandare avanti una famiglia così numerosa, Maria passava il tempo a cucinare e a cucire e, dopo il periodo difficile della guerra, si trasferì, con il marito, i figli e la cognata, da quel paese racchiuso nel cuore dell'Appeninno, in una città ben più grande, sulla costa ligure, in cerca di una vita migliore. A La Spezia infatti, misero le radici, i ragazzi studiarono, spiccarono il volo e lei, per un certo periodo, gestì anche una piccola trattoria che, romanticamente, guardava il mare.  

Quando Maria se ne andò, troppo presto purtroppo, lasciò un vuoto immenso in quella casa in di via del Canaletto. Chi tenne le redini di quella famiglia e di quei ragazzi nel pieno della loro giovinezza, con tutte le loro complessità, fu la cognata, Lisetta, il cui nome in realtà era Elisabetta e che i bambini chiamavano Detta, ( quella dei nomignoli in casa di papà è una storia curiosa che prima o poi devo raccontarvi).

Lisetta si sposò per procura con un giovane ingegnere che lavorava in Africa. Ma proprio quando si stava preparando per raggiungerlo, emozionata come solo una sposina poteva essere, arrivò la triste notizia della morte del suo sposo a causa di un incidente.  Fu così che invece di partire, Lisetta, in silenzio e con le lacrime che le rigavano il viso, disfece le valige, rinchiuse i regali di nozze nell'armadio, nascose il suo dolore in fondo al cuore e si dedicò anima e corpo a quei bambini, tirandoli su con amore e dolcezza e per i quali fu un punto di riferimento essenziale anche quando crebbero, divennero adulti e si sparpagliarono in giro per il mondo.

E' quindi a queste due donne, nella cui vita travagliata si completarono come due tessere di uno stesso puzzle, che si deve il perpetuarsi della tradizione dei cappelletti in casa di mio papà. Maria e Lisetta, attraverso i loro gesti quotidiani così pieni di amore e cura per quella famiglia, fecero in modo, tra le tante altre cose, che questo piatto non andasse perduto e rimanesse come un piccolo gioiello di famiglia.
E così è.
Non è Natale senza cappelletti.
  


cappelletti in brodo

Ingredienti 
Per circa 400 cappelletti.
Per il brodo di carne:
1 pezzo di muscolo
1 punta di petto
1/2 gallina
1 osso
1 costa di sedano
1 carota
1 pezzetto di porro o cipolla
1 pomodoro o concentrato di pomodoro
1 spicchio d’aglio
pepe in grani
chiodi di garofano
timo
prezzemolo
sale
Pasta:
1 k di farina
10 uova
sale
un filo d’olio
Ripieno:
1 cipolla bianca, tritata finemente
1 noce di burro
750 g di carne tra manzo, maiale e vitello macinati al momento (se avete avanzi di bollito o arrosto vanno benissimo)
1 punta di cucchiaio di concentrato di pomodoro
noce moscata e pepe (no sale)
200 di mortadella
250 g di prosciutto dolce (di Parma o San Daniele)
10/12 cucchiai di pangrattato
2 o 3 uova
100 g di parmigiano reggiano grattugiato

Procedimento
Procedimento:
Per prima cosa preparate il ripieno che potrete fare anche la sera prima:
In una casseruola capiente fate rinvenire in una noce di burro la cipolla bianca ben tritata per 5 minuti.
Unite la carne macinata poco alla volta facendola rosolare bene (vi consiglio di usare un tegame piuttosto largo in modo che la carne così abbondante possa rosolare uniformemente). Continuate la cottura per 15 minuti circa aggiungendo poca acqua calda o brodo, se ce lo avete, regolate di pepe e noce moscata (quest’ultima si deve sentire molto distintamente) e colorate con una puntina di concentrato di pomodoro.
Tritate la mortadella e il prosciutto e aggiungerli al ripieno in cottura gli ultimi minuti, mescolate bene e aggiungete anche il pangrattato facendolo insaporire bene nella rosolatura. Questa ultima operazione non deve durare oltre i 2 o 3 minuti.
Togliete dal fuoco e lasciate leggermente intiepidire.
Quando il ripieno sarà intiepidito aggiungete le uova (prima provate con due perché dipende sempre da quanto sono grandi) e poi il parmigiano reggiano mescolando bene. Il ripieno dovrà risultare piuttosto compatto ma ancora umidiccio. 

Lasciate riposare e poi conservate in frigorifero.

 cappelletti in brodo

Preparate la pasta:
mettete in una spianatoia la farina a fontana con un pizzico di sale, al centro sgusciate le uova leggermente sbattute e un filo d’olio. Iniziate con una forchetta ad amalgamare le uova con poca farina alla volta, poi piano piano iniziate ad impastare. Dovrete ottenere un impasto morbido e uniforme.Tenetelo a riposo almeno una mezz’oretta sotto una campana di vetro oppure una ciotola capovolta o rivestitelo di pellicola alimentare.
Tagliate la pasta a fette ed iniziate a tirarla con la macchinetta fino ad avere delle strisce piuttosto sottili.
Stendetele sul ripiano infarinato e ponete delle piccole noci di ripieno distanziate 2 o 3 cm l’una dall’altra, rivoltate la sfoglia,

cappelletti in brodo

con il pugno chiuso eliminate l’aria attorno ad ogni nocetta di ripieno e poi con lo stampino apposito ricavate i cappelletti.

cappelletti in brodo

A casa mia, come mi dice sempre mia madre, non si fanno rotondi ma a mezza luna. La pasta che avanza dal ritaglio impastatela velocemente e tiratela con la macchinetta nuovamente in sfoglie
Mettete i cappelletti a riposare su teli puliti e infarinati prima di cuocerli oppure, se come nel mio caso ne fate in abbondanza per conservarli fino a Natale, potete congelarli: sistemateli a strati, separati da fogli di velina, su dei piccoli vassoi che entrino nel vostro congelatore. Una volta congelati sistemateli in sacchettini di plastica.
Per il brodo:
lavate le verdure, pelate la carota e dividetela a pezzi, sbucciate lo spicchio d’aglio, tagliate il pomodoro a metà, e lavate anche il prezzemolo e il timo. Mettete le verdure in una casseruola capiente con i grani di pepe, 2 chiodi di garofano, aggiungete la carne, l’osso e l’acqua fredda a ricoprire il tutto. Non salate ma fatelo quasi alla fine. Cuocete a fiamma dolce per un paio d’ore. Lasciatelo raffreddare leggermente, filtratelo e rimettetelo nella casseruola per farlo raffreddare completamente. Se volete sgrassarlo bene, fatelo riposare una notte in frigorifero in modo che il grasso si solidificherà in superficie in modo da poterlo eliminare completamente.

cappelletti in brodo

Pippi


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giovedì 10 dicembre 2015

Meringata diplomatica, con cachi caramellati

meringata

Il forno acceso e gli occhi che scrutano, attraverso il vetro, quello che sta succedendo al suo interno, per me rimane un’esperienza che mi riempie di stupore. E’ un piccolo prodigio e così, ogni volta, ne rimango stregata.

Se poi, in quella piccola cosa che sta prendendo forma  al di là del vetro, affidi un messaggio d’amore per la donna più importante della tua vita che con la freschezza di una ragazzina si appresta a festeggiare il suo ottantaduesimo compleanno, bhé, allora le tue aspettative arrivano alle stelle.

‘Speriamo che me la cavo!’

 Con la lingua fuori

E’ uno dei dessert che preferisco, bello, elegante, di una bontà disarmante.

Nonostante sia, in realtà, molto semplice da preparare (con solo qualche piccola accortezza da seguire), riesce a stupirmi ogni volta per la grazia della sua forma e per quella sua cedevolezza e cremosità tale che quando affondi il cucchiaio lo fai sempre con un so ché di riverenza.

Mi inchino a te mia dolce meringata.

Molti la conoscono però come ‘Pavlova’ ed ha una storia commovente.

Si racconta che quando lo chef australiano Berth Sachse conobbe Anna Pavlova, rimase letteralmente folgorato dalla ballerina russa, una donna minuta, delicata e sempre sorridente, interprete magistrale della ‘morte del cigno’ in un teatro di Perth nel 1926. Sapendo della sua passione per i dolci, Berth, che era il pasticcere dell’albergo in cui Anna soggiornava durante la tournée, ogni giorno preparava per lei dessert di ogni tipo per stupirla e strapparle un sorriso. Terminata la tournée però Anna tornò in Europa, Berth cadde in una profonda depressione e lavorò per molto tempo senza più ispirazione. Cinque anni più tardi giunse in Australia la notizie della morte di Anna a causa di una polmonite, Berth pianse disperato finché un giorno decise di creare un dolce che la ricordasse per l’eternità. Pensò, allora, ad una meringa che fosse dura all’esterno come dovevano essere le punte delle scarpette su cui lei danzava ma dentro morbida, leggera  e spumosa come le sue movenze piene di delicata sensualità e ripiena di una crema soffice e pannosa per ricordare le piume impalpabili del cigno.  Provò e riprovò finché, aggiungendo aceto e maizena, trovò la formula giusta per la sua adorata Pavlova.

Anche questo è amore.

La versione originale prevede come farcia la semplice panna montata e dei frutti rossi come lamponi o fragoline, per la mia meringata ho preferito creare una crema diplomatica non molto dolce ma più consistente di una panna montata e al posto di frutti rossi ho messo dadini di caco delicatamente caramellato e al profumo di liquore.

E’ un dolce che si presta ad essere personalizzato a seconda della stagione quindi non vi resta che sbizzarrirvi e dedicarlo a qualcuno che amate tanto. Io l’ho fatto per il compleanno della mia giovane mamma.

pavlova con chantilly e caco caramellato

p.s. con l’occasione vi lascio anche il link ad un post che mi è stato dedicato da Malvarosa Edizioni e grazie alla brava Anna Baldini !

Ed ora prepariamo la ricetta!

Ingredienti:

per la meringa:

6 albumi a temperatura ambiente (elemento essenziale per cui assicuratevi di tirare fuori dal frigorifero le uova almeno un paio d’ore prima)

2 cucchiaini di maizena

2 cucchiaini di aceto di mele

220 g di zucchero finissimo

3 gocce di essenza di fiori d’arancio

per la crema diplomatica:

6 tuorli

120 g di zucchero

45 g di maizena

500  ml di latte

scorza di limone

250 ml di panna fresca

1 caco mela

2 o 3 cucchiai di zucchero

uno spruzzo di liquore (cognac, rum, armagnac…)

Procedimento

Frullate lo zucchero in un cutter in modo da renderlo impalpabile (se volete potete usare anche zucchero di canna).

Preriscaldate il forno a 120°.

Mettete gli albumi a temperatura ambiente nella ciotola della planetaria ( o in una comune ciotola)e iniziate a montare a velocità media con la frusta fino a quando inizierà a formarsi la prima schiuma bianca. A questo punto continuate a montare a velocità più sostenuta versando poco alla volta lo zucchero. Quando avrete aggiunto almeno metà dello zucchero alternate con la maizena, l’aceto e l’essenza di fiori d’arancio e poi ancora zucchero fino ad avere un composto ben sodo con picchi sostenuti e molto lucido. Ci vorranno almeno una decina di minuti di lavorazione.

Rivestite una teglia con carta da forno su cui avrete disegnato un cerchio (io ho utilizzato come sagoma un piatto pari) per dare una forma rotonda alla vostra meringa. Con una spatola iniziate a ricoprire la superficie del cerchio disegnato con la meringa, proseguendo sul bordo in modo da formare una specie di grande nido.

Infornate abbassando la temperatura a 90°/100°, posizionando la teglia nel ripiano più basso del forno per circa 1 ora e 30 / 2 ore.

Questo tipo di meringa dovrà risultare croccante nello strato esterno e morbida e spumosa (ma non  appiccicosa) nella parte interna.

A fine cottura spegnete il forno, aprite leggermente lo sportello e lasciate che la meringa si raffreddi per un’oretta per poi sistemarla su una grata e lasciarla raffreddare completamente.

Potete prepararla anche il giorno prima.

Per la crema diplomatica ( crema pasticcera + chantilly):

mettete il latte in un pentolino con un pizzico di sale, la scorza di limone e lasciate scaldare fino quasi a bollore.

Nel frattempo, in una ciotola, montate i tuorli con lo zucchero fino a farli diventare chiari e spumosi (usate una frusta elettrica), unite la maizena e continuando a montare a velocità minima aggiungete un mestolo di latte caldo. Versate tutto il contenuto della ciotola nel pentolino con il latte rimanente e portate ad ebollizione. Cuocete per un minuto e, dopo aver eliminato la scorza del limone, trasferite la crema in una ciotola pulita, ricopritela con pellicola alimentare in modo da farla aderire bene sulla superficie e lasciate che si raffreddi completamente.

Montate la panna (io ho preferito non aggiungervi zucchero) e amalgamatela, con tutta la delicatezza di cui siete capaci, alla crema pasticcera aiutandovi con una spatola.

Lavate e asciugate un caco mela (quelli più sodi e meno tozzi per intenderci) eliminate il picciolo, la buccia e tagliatelo a cubetti. In una padella mettete il caco a dadini con 2 cucchiai di zucchero e uno spruzzo di liquore (rum, cognac, armagnac..) e lasciate che si ammorbidiscano si fiamma dolce. Ci vorranno veramente pochissimi minuti. Lasciate intiepidire.

Un’oretta prima di servire farcite la meringa: riempite l’incavo della meringa con la crema diplomatica a cui, volendo, potete mescolare parte dei dadini di caco, e decorate con i restanti dadini e qualche fogliolina di menta fresca. Tenete in frigorifero fino al momento di servirla.

Strafogatevi che merita! Sorriso

pavlova con chantilly e caco caramellato

Pippi

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martedì 1 dicembre 2015

Torta di riso salata, con porri e broccoli

torta di riso con porri e broccoli

Ogni famiglia credo abbia, nella propria storia culinaria, dei piatti ricorrenti, più o meno legati alla tradizione, e diventati un tratto distintivo e riconoscibile di quel nucleo di persone.

In casa mia, oltretutto, non siamo mai stati creativi nell’intitolare certe preparazioni di uso quotidiano che hanno mantenuto nel corso degli anni dei nomi piuttosto generici ma che seguivano, sotto sotto, una logica. Per esempio, nel nostro lessico familiare, esistono due preparazioni, il ‘riso del mare’ e la ‘minestra da magro’, che, in realtà, sono la stessa cosa ma  di consistenza diversa. Il riso, che mia mamma preparava la mattina presto, stipava dentro il thermos e portava sulla spiaggia, all’ora di pranzo era diventato così tiepido e cremoso, che era facile e piacevole da mangiare sotto l’ombrellone dopo una bella nuotata. La minestra, invece, brodosa e bollente, era più impegnativa ed era destinata ai primi freddi, anche quando in casa non c’era granché ma avevi voglia di qualcosa di buono. Perché ‘da magro’? Semplicemente perché è una  minestra fatta con poco: patata, acqua e una puntina di concentrato. Fosse finita qui, il nome calzerebbe a pennello, il fatto è che il segreto di tanta bontà, sta invece nel condimento: pepe, noce moscata, una bella noce di burro e parmigiano a pioggia! Divina. Ma il cavallo di battaglia di mia mamma è sempre stata la sua TORTA GELATO che di gelato, ovviamente, non ne ha mai visto neanche l’ombra! Ma questa è un’altra storia di cui vi parlerò prestissimo.

Questa, invece, l’abbiamo sempre chiamata “torta di riso amara”, per distinguerla, sbrigativamente, da quella “ di riso dolce” che sapeva di limone. Famiglia strana la mia. In realtà non è amara per niente, è solo salata e peposa, perché di pepe, qui, ce ne andrebbe in abbondanza.

E’ un piatto tipico spezzino che ha sempre fatto parte della cucina di casa mia. Per la festa di San Giuseppe era tradizione preparare questa torta che veniva cotta nel forno a legna nella corte davanti a casa di nonna Iride. Devo però ammettere che di quella ricorrenza ho solo tre ricordi indelebili nella mente: fiera, caramelle e palloncino legato al polso, non necessariamente in questo ordine. Ho probabilmente iniziato ad avere contezza di questa tradizione culinaria solo successivamente quando, passato il tempo delle caramelle e dei palloncini, mi sono ravveduta su quelle che sono le cose importanti  della vita, come una bella fetta di torta di riso salata, magari tiepidina e pepata da farti rimanere senza fiato.

In realtà questa torta veniva preparata durante tutto l’anno e spesso per recuperare gli avanzi di riso. La ricetta originale prevede semplicemente del riso lessato, formaggio, uova e pepe, racchiusi in un guscio di pasta povera, mia nonna però aggiungeva alla farcia anche delle verdure come del cipollotto (la parte fogliare verde) e, in piena estate, teneri zucchini tagliati fini fini,  ad esempio.

Questa è la mia versione e, visto che l’inverno è alle porte, insieme al riso ho messo del porro e rosette di broccolo, che è persino molto fotogenico. La base di pasta è fatta con farina non raffinata in modo da avere un risultato più rustico e corposo. Non ho abbondato con il pepe che nella ricetta originale andrebbe aggiunto non solo all’interno della farcia ma anche distribuito sulla superficie prima di infornarla, al suo posto ho invece preferito aggiungere del timo fresco. Quindi, pepe sì, ma senza esagerare.

E voi, come la vedreste?

torta salata di riso porri e broccoli

Ingredienti:

per la pasta :

150 g  farina integrale

200 g farina tipo 1

3/4 cucchiai di olio extravergine d’oliva

una presa di sale

acqua q.b.

Farcia:

350 g di riso lessato

80 g di parmigiano reggiano grattugiato

4 uova

1 broccolo piccolo

1 porro medio

timo

pepe

sale

torta salata di riso porri e broccoli

Preparate la pasta mescolando le due farine con il pizzico di sale in una ciotola, poi unite l’olio, iniziando ad impastare, e l’acqua, versandola lentamente in modo da valutare la consistenza dell’impasto. Trasferite l’impasto in un piano infarinato e lavoratelo bene fino a quando sarà diventato omogeneo. Tenetelo a riposo sotto una campana di vetro per una mezz’oretta. Nel frattempo ungete la teglia con poco olio e preparate le verdure: dividete il broccolo in cimette, lavatelo bene sotto acqua corrente, affettate il porro dopo aver eliminato la parte radicale e le foglie esterne, mettetelo in un colapasta e passatelo sotto acqua fredda per eliminare le impurità.  Scottate per pochissimi minuti, separatamente, sia il porro che il broccolo, in acqua bollente addizionata con 1cucchiaio di aceto di vino bianco per mantenere vivido il loro colore. Scolate le verdure e passatele in una ciotola con acqua fredda e ghiaccio oppure semplicemente raffreddatele velocemente sotto acqua corrente.

In una ciotola mescolate il riso con le uova, il formaggio e il pepe in dose generosa, aggiungete le verdure raffreddate in modo da non far stracciare le uova, aggiungete qualche fogliolina di timo.

Stendete la pasta in una sfoglia piuttosto sottile vedrete che il riposo la renderà particolarmente elastica e malleabile.

Con la pasta foderate una teglia di circa 22/24 cm di diametro, versate all’interno la farcia di riso, ripiegate la pasta sul ripieno, dopo aver eliminato quella in eccesso e aggiungete delle cimette di broccolo che avrete tenuto da parte. Infornate a 180° per circa 40/45 minuti. Con la pasta rimanente potete realizzare dei gustosissimi crackers.

torta salata di riso porri e broccoli

 

torta salata di riso porri e broccoli

Pippi

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