Metti che un giorno, da una lontana località pugliese, un’amica ti mandi un cesto pieno di piccoli frutti color magenta che coltiva con dedizione contro ogni tipo di difficoltà, difendendoli a spada tratta dall’incuria e dai roghi, battendosi da sola per il recupero, la valorizzazione e la coltivazione di questo piccolo tipo di fico d’india che lei definisce ‘incompreso’. Metti che queste opunzie incontrino delle mele, una manciata di mandorle dolci, e un miele dorato dal delicato sentore floreale. Non può che nascerne qualcosa di buono.
Perché ‘incompreso’, mi sono chiesta, e Titti, in un post scriptum, me lo spiega, con la passione che la contraddistingue:
“ un fico di Dillenius, sol perchè non assomiglia al classico fico d'India, sol perchè non è zuccherino, ma piccolo, invernale e spinoso non significa che è un fico d'India inselvatichito, non commestibile, di serie Zeta e, dunque, .........INUTILE da distruggere a tutti i costi ! E’ una"chicca" di questo territorio in cui si è naturalizzato dal lontano Mexico e racchiude nel suo nucleo gelatinoso un mondo di proprietà nutrizionali interessanti, di antiossidanti e un paradiso di colore”.
Nel paese d’origine (Messico) l’opunzia viene utilizzata in ogni sua parte: i suoi fiori per il té, la pala e i frutti come medicamenti e in ambito gastronomico, i frutti vengono trasformati in confetture, liquori e gelatine. Arrivata in Puglia, Margherita si accorge che quel cactus che lei aveva conosciuto durante i suoi numerosi viaggi nel centro America, si era adattato così bene alla terra rossa del Salento, tanto da diventarne una specie spontanea, che cresce rigogliosa sia nelle falesie marine che nell’entroterra a ridosso dei muretti a secco. Purtroppo, l’unico aspetto negativo, è che l’opunzia, ancora oggi, viene considerata, dalla maggior parte dei salentini, addirittura, una pianta velenosa e non commestibile a causa di tutte quelle spine che la proteggono. E’ in questo momento che Margherita riconosce quale sarà la sua strada.
Ho conosciuto Titti Diviccaro, la custode delle opuntiae, un anno fa. Ho ‘ascoltato’ la sua storia di donna che ad un certo punto della vita ha fatto una scelta drastica e totalizzante: lasciare la sua bella Trieste, e il suo lavoro nel campo della moda, per trasferirsi in quella che Titti descrive come : “splendido, duro, odoroso, ossuto e intrigante Salento”, spinta soprattutto dall’amore per la natura e dal desiderio di fare qualcosa di bello e utile per questa terra, e ne sono rimasta affascinata. Ogni tanto ve ne parlo, perché credo nel suo sogno. E voi?
Margherita ha una piccola azienda agricola in cui non solo coltiva questi piccoli frutti ma li lavora creando confetture extra, composte, mostarde etc. Per chi volesse conoscere meglio Margherita e la sua azienda agricola ecco i suoi riferimenti e alcuni link interessanti che parlano di lei.
Margherita Diviccaro - Tricase (LE) – opuntiae@libero.it
-http://www.ilgolosario.it/produttori/le-opunzie-del-salento-sd18768
-http://www.verdeinsiemeweb.com/2013/08/margherita-e-le-opunzie-color-magenta.html
Questo strudel è il mio modesto contributo, facendo tesoro dei preziosi consigli di Margherita negli abbinamenti.
Ingredienti:
per la pasta:
150 g di farina
50 g di burro
1 albume
una presa di sale
acqua tiepida q.b.
per la farcia:
2 mele
6/7 opunzie
1 arancia
una noce di burro
2 cucchiai di miele d’acacia
2 cucchiai di mandorle in polvere
2 cucchiai di mandorle pelate, tritate grossolanamente
2 cucchiai di mandorle a lamelle
Le mie opunzie sono arrivate già de-spinate grazie a Titti, comunque consiglio di utilizzare sempre dei guanti sottili per lavorarle e passare un panno di carta per eliminare eventuali spine rimaste soprattutto se volete consumarle crude. Tagliatele a metà, nel senso della lunghezza ed eliminate con un cucchiaino il nucleo centrale ricco di gelatina e semi, tagliatele a pezzetti sottili e tenetele da parte con il loro succo.
Preparate la pasta: in una ciotola mettete la farina, un pizzico di sale e il burro appena ammorbidito a pezzetti, lavoratelo con le mani fino ad avere un composto sabbioso. Unite l’albume e iniziate ad impastare aiutandovi con poca acqua tiepida aggiunta gradatamente. Lavorate l’impasto su una spianatoia (o in una impastatrice) fino a quando non sarà diventata morbidissima e molto elastica. Formate una palla e lasciatela riposare un’oretta sulla spianatoia coperta da una ciotola o, meglio ancora, da una casseruola appena riscaldata.
Lavate e asciugate le mele, eliminate la buccia e il torsolo, tagliatele a fettine sottili che riunirete in una padella insieme ad una noce di burro, alla scorza di arancia grattugiata e ad un bel cucchiaio di miele d’acacia. Su fiamma dolce lasciate che si ammorbidiscano per alcuni minuti. Tenete da parte.
Infarinate la spianatoia e stendete la pasta strudel con un mattarello in una sfoglia il più possibile rettangolare e sottilissima, dovrebbe essere quasi trasparente (se preferite potete rendervi il compito più semplice mettendo la sfoglia tra due fogli di carta forno). Una volta raggiunto il giusto spessore, spennellate la pasta con poco burro fuso, farcitela lasciando un bordo libero di circa 2 cm: prima le mele, poi una spolverata di mandorle in polvere, le opunzie insieme a parte del loro succo e le mandorle tritate se volete potete aggiungere ancora un filo di miele.
Ripiegate i bordi verso l’interno, ricoprendo parte della farcia, poi arrotolate lo strudel su se stesso, lasciando il lembo finale verso il basso.
Sistemate lo strudel su una teglia ricoperta di carta da forno e spennellatelo con del miele, come ho fatto io, oppure, come nello strudel più classico, con poco latte o del tuorlo leggermente sbattuto. Ricoprite la superficie con le lamelle di mandorle e infornate a forno preriscaldato a 180°. Cuocete per circa 30/35 minuti.
Lasciate riposare alcuni minuti prima di servitelo ancora tiepido!
p.s. se non avete le opunzie fresche, utilizzate della confettura extra di opunzie da spalmare sulla pasta, sopra distribuitevi le mele, le mandorle in polvere e quelle tritate.
Pippi
Ammaliata dal racconto, stregata dal colore di questo frutto che non conoscevo, incantata dalle tue foto!!!!
RispondiEliminaMi incuriosisce molto questo strudel!
RispondiEliminaLaura, non conosco questo frutto, ma ha un colore meraviglioso...Come tutte le cose che ci offri, anche questo strudel è un incanto! Sei straordinaria...lo dico col cuore! Un abbraccio, Mary
RispondiEliminaArrivo dal blog di Maria Teresa e resto estasiata dal racconto e dalle foto di questo curioso strudel e del frutto che ospita al suo interno. Stupendo! Non ho altro aggettivo, davvero stupendo. Non lo conoscevo questo frutto, ora vado a finire di leggere tutta la sua storia.
RispondiEliminawow...wow w ancora wow!!!!
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