E’ trascorsa una settimana dalla mia breve visita in terra di Garfagnana, perla di un verde intenso, raccolta e custodita come in una culla, tra l’Appennino Tosco Emiliano e le Alpi Apuane. Il tempo umido che ci ha preso per mano nel breve soggiorno organizzato da AIFB, in collaborazione con l’Unione dei Comuni della Garfagnana e il Consorzio Garfagnana Produce, e grazie ad Annarita Rossi del Il bosco di Alici, lungi dall’averci creato disagi, ci ha regalato invece atmosfere e cromie indimenticabili.
Terra a cui sono legata a doppio filo da ricordi indelebili di vacanze a contatto strettissimo con la natura. E quando dico ‘a contatto’ intendo proprio ‘a contatto’.
Rustiche vacanze tra boschi di castagni, con scoiattoli che apparivano di soppiatto per spiarci, incuriositi dalla nostra presenza, tende da campeggio di ogni misura e fattezza, sistemate con cura nelle piazzole che il bosco lasciava disponibili, e quella strana sensazione del suono delle nostre voci, ovattato dalle foglie degli alberi e dal fitto sottobosco di felci. Freschi ruscelli da raggiungere seguendo un piccolo sentiero, dove noi bambini, ci immergevamo con sandali di gomma per non scivolare e dove giocavamo con girini e ranocchi. Al centro del campo, un piccolo falò, circoscritto da pietre annerite dal fuoco, cuore pulsante di quella nostra piccola ‘comunità’, riunita sotto un manto di stelle per poche settimane all’anno. All’imbrunire ci sistemavamo in cerchio attorno alla fiamma scoppiettante, gestita in modo autorevole dal nonno, per scaldarci prima di infilarci nei sacchi a pelo, ma il vero rito della sera erano i canti. Canti antichi, canti di montagna, alcuni allegri e spiritosi, altri struggenti, canti da intonare a più voci, così sapientemente modulate che ogni volta rimanevo senza fiato dallo stupore. Ricordo le facce dei miei cari, del nonno, di mio padre e dei suoi fratelli mentre cantavano e fissavano concentrati le fiamme danzanti, racchiuse dentro il cerchio di pietre annerite. La bellezza di quei canti, delle loro voci che si accarezzavano l’una con l’altra, mi inorgogliva teneramente e mi faceva capire che quella famiglia un po’ ‘stravagante’, aveva un dono. I canti erano inframezzati da aneddoti, racconti e tanti ricordi, tutto quasi sottovoce, per conciliare il sonno come in una nenia delicata e per non disturbare quel bosco incantato che con tanta generosità ci accoglieva ogni estate.
Capirete quindi che orgoglio per me potervi parlare qui, e poi presto in un altro post, di questa magnifica terra che è la Garfagnana, ringraziando fin da ora Antonella Poli, il nostro immancabile punto di riferimento, guida e amica per la gentilezza, la disponibilità e la grande professionalità.
Foto: Fortezza delle Verrucole a San Romano.
Per iniziare il mio ‘viaggio’ in Garfagnana ho pensato di proporvi una ricetta dolce della tradizione contadina, tipica non solo della Garfagnana, in realtà, ma di tutte quelle regioni abbracciate agli Appennini così ricchi di boschi di castagni e dove la castagna rappresentava, appunto, la base della alimentazione quotidiana durante l’autunno e il lungo inverno. In realtà per avere la farina di castagne nuova si dovrebbe aspettare la fine di ottobre, io però ne tengo sempre una scorta in freezer.
Questa ricetta affonda le sue radici lontano nei tempi, i primi documenti della sua esistenza come ‘castagnazzo’ si ritrovano intorno al 1400/1500 dove sembra che sia stato un lucchese, un certo Pilade da Lucca ad averla inventata. All’inizio era un dolce molto semplice con pochi ingredienti, solo pinoli e rosmarino. Successivamente nel corso dei secoli la ricetta si è arricchita di noci, uvetta e anche scorza di arancia e dall’800 in poi si è divulgata in tutta Italia.
Resta comunque, anche in queste declinazioni, una ricetta molto semplice, molto nutriente e dal gusto inconfondibile.
Servono pochi ingredienti ma una farina di castagne di alta qualità, macinata a pietra. Nella tradizione si parla di una teglia larga e bassa, meglio se di rame. Io utilizzo la vecchia teglietta di alluminio (di 24 cm di diametro che ungo molto bene con olio d’oliva) di mia suocera dove faceva un castagnaccio talmente buono che è quasi impossibile riuscire a replicarlo nonostante abbia sempre cercato di seguire i suoi consigli. Il castagnaccio deve essere piuttosto basso, quanto un dito, non di più. La dose d’acqua è sempre indicativa, aggiungetela quindi poca alla volta, fino a quando non avrete ottenuto la densità giusta, quasi come una pastella. Non aggiungete zucchero perché non serve, la farina di castagne è dolcissima.
Ingredienti:
250 g farina di castagne
400 g di acqua fredda
80 g di uvetta
60 g di pinoli
60 g di noci sgusciate
1 rametto di rosmarino
scorza di 1/2 arancia grattugiata
olio extravergine d’oliva q.b
una presa di sale
A proposito del rosmarino una curiosità: la leggenda narra che gli aghi di rosmarino un tempo fossero considerati una sorta di elisir d’amore, per cui, se volete che l’uomo del vostro cuore, cada ai vostri piedi perdutamente innamorato, trovate il modo di fargli mangiare una bella fetta di castagnaccio ben condito di aghi di rosmarino. Non sia mai che funzioni anche ai giorni nostri.
Tiriamoci su le maniche e iniziamo a cucinare.
Per prima cosa setacciate la farina di castagne in modo da evitare che si formino grumi.
Diluitela con l’acqua da aggiungere poca alla volta, mescolando con un cucchiaio di legno.
Regolatevi ‘ad occhio’ per avere un impasto che sia liscio e denso quasi come una pastella.
Dopo aver messo in ammollo l’uvetta in acqua tiepida dieci minuti, scolatela, asciugatela molto bene in un telo pulito e infarinatela leggermente. Tenete da parte una manciata di uvetta, qualche pinolo e qualche noce per la guarnizione finale.
Unite all’impasto l’uvetta infarinata, i pinoli, le noci tritate grossolanamente e mescolate bene, oltre ad una presa di sale.
Ungete con l’olio la teglia e versatevi l’impasto. Guarnite con la frutta secca rimasta, gli aghi di rosmarino (mi raccomando soprattutto le giovani donne in cerca di amore) e profumate tutto con la scorza di arancia. Non vi resta che un filo d’olio senza esagerare e la torta di castagnaccio è pronta per essere infornata.
Cottura. Qui la situazione dipende sempre dal vostro forno e da come si comporta. Ricordatevi che il castagnaccio, come mi diceva mia suocera, deve cuocere lentamente. Quindi io preriscaldo il forno a 150°, posiziono la teglia sul ripiano più basso per i primi 20 minuti, poi la sposto sul ripiano centrale e continuo la cottura per altri 40 minuti. La superficie si deve screpolare e fare una specie di crosticina, ma l’interno deve rimanere morbido e umido.
Se volete accompagnare questo dolce, lasciate stare creme o panna montata, fatelo semplicemente con un bel cucchiaio o due di buona ricotta di mucca, pecora o capra, scegliete voi, l’importante che sia freschissima.
Vi aspetto per la seconda puntata!
Pippi
Meraviglioso articolo, parole ed immagini emozionanti.
RispondiEliminaUn caro saluto
Maria Teresa
divino!
RispondiEliminaFa venir voglia anche solo a guardarlo. Mi sa che lo preparerò presto anche io. Tra l'altro io non ho mai mischiato uvetta e pinoli con l'impasto ma il trucchetto mi piace assai assai.
RispondiEliminaTu bacio cara Laura.
La scorza d'arancia nel castagnaccio mi mancva, che bellissima idea! Devo provarla assolutamente. Foto stupende come sempre.
RispondiEliminae già... è arrivata la stagione delle castagne! adoro! e questa tua versione del castagnaccio davvero è speciale: rosmarino e scorze d'arancia! delizioso!
RispondiEliminaun abbraccio! :-)
Mamma mia che buono... io adoro il castagnaccio, mi fa impazzire e questa versione la voglio assolutamente provare! Sai, sarebbe perfetta per la Raccolta di questo mese "L'Orto del bimbo intollerante"... se ti andasse di partecipare ti lascio qui il link, mi farebbe piacere perché è proprio buona e sana e con tutti gli ingredienti scelti questo mese.
RispondiEliminaun abbraccio
http://ilmondodiortolandia.com/2015/10/01/raccolta-lorto-del-bimbo-intollerante-benvenuto-ottobre/
Le foto sono poesia ma d'altronde lo sono anche le tue parole e i tuoi ricordi. Grazie Laura.
RispondiEliminaLa farina di castagne arriva i primi di novembre. ....aspettiamola fresca!
RispondiEliminaIl mercoledì è giorno di mercato, quasi ovattato da nebbia e brina anche nella piazza del paese.
RispondiEliminaFreddo pungente e penetrante come solo il delta del Po sa dare per novembre, ma mi scaldavo.
Il castagnaccio mi scaldava. Sono passati più di 50 anni, ma ricordo quella pallina d'impasto simile alla frolla.
Schiacciata e cotta sulla lamiera calda come una piadina, poi tagliata in quattro e avvolta nella carta gialla.
Traccie di uvetta e buccia di arancia in quel castagnaccio, l'omino parsimonioso dalle mani infarinate te lo dava per 100 lire. Era la felicità !
Bellissima ricetta il Tuo castagnaccio.
Ah che bella descrizione mi hai regalato, grazie!
Eliminaanche per me ci sono molti ricordi legati a questa ricetta ma in genere alla farina di castagne.
Un abbraccio
Laura